Forse, "un altro mondo e' possibile".

La sinistra appare, dopo l’ultima sconfitta elettorale, ancora più debole. Non solo perché non ha rappresentanza parlamentare in Italia, o perché in molti paesi europei, come in Italia, sembra costretta all’angolo, ai margini delle istituzioni, dalle persone e dalle classi sociali ai quali si riferisce idealmente e politicamente. Non solo perché rimane divisa e presuntuosamente si divide, ancora, nella pretesa di far scaturire dal proprio dibattito interno “una” verità assoluta, e come tale, “unica possibile” per la soluzione di tutti i problemi del mondo. Non solo perché implicitamente pretende di vedere solo negli altri l’errore, la incapacità di comprendere, o peggio, i cattivi sentimenti, tra cui spicca l’interesse egoistico, personale o di casta, che non lascia spazio alcuno ad alcuna sensibilità. La sinistra appare debole perché si vuole, incomprensibilmente, ridurre ad una testimonianza nostalgica. Perché vuole “rincominciare” ipotizzando modelli, anche di relazione e organizzativi, d’“altri” tempi. Ormai scaduti. Eppure abbiamo netta la sensazione che la domanda di sinistra ci sia, e sia forte, in questo paese e in Europa. Che questa domanda sia più matura e più libera. Una domanda in cerca di risposte da costruire, non risposte confezionate da acquistare nel mercatino dell’usato. Dove pure ci sono tante cose belle, che ci fanno ricordare, che promuovono il buon sentire e che dobbiamo tenere davanti agli occhi per memoria. Una memoria per i tanti che, come noi, hanno creduto che il mondo possa essere migliore, sempre. Allora costruiamo le risposte. A partire dai grandi valori, da praticare con rigorosa coerenza e senza deroghe - mai.
La “libertà”, di più e per tutti. La libertà veramente inviolabile, sempre. Che riguarda le persone e le comunità, che prescinde dalle condizioni economiche e dalle appartenenze etniche, religiose, politiche, sociali, culturali. Libertà vera di espressione del proprio pensiero, priva di oscuramenti e di ritorsioni. Una libertà conquistata e una libertà da difendere, per noi. Come per noi, per tutti.
Il “lavoro”, non come fatica obbligatoria per sopravvivere. Ma come diritto. Modalità alta di partecipazione piena alla vita collettiva, della propria comunità. Un mezzo di espressione vero della propria personalità, che si manifesta attraverso l’evoluzione positiva delle proprie capacità. Un contributo agli altri e una realizzazione per se stessi. Il “lavoro” come liberazione, e non come alienazione. Il lavoro sicuro, che non ferisce e non uccide, il lavoro che ci deve essere, comunque, e che non deve mancare mai.
La “giustizia” che fa gli uomini uguali, ovvero con uguali diritti. Il contrasto alla prevaricazione, alle condizioni di disagio che colpiscono, violano e sopprimo prima la dignità della vita poi la stessa vita. La giustizia che non consente la discriminazione e l’emarginazione, che da certezze e non confonde, che promuove e sostiene la convivenza civile.
La “solidarietà”, che non ci fa sentire soli. Ma parte di una comunità. Che ci include, anche riconoscendo le nostre diversità. Una solidarietà attiva, convinta, appassionata. Solidarietà liberamente espressa, alla quale educarsi permanentemente come valore fondante della appartenenza alla comunità umana. Solidarietà senza confini.
La “PACE” e la “NON VIOLENZA”, senza se e senza ma. Perchè così deve essere, senza alcuna alternativa. Ad iniziare da noi, fare “Sinistra”, anche in “Rifondazione Comunista”, nelle idee come nelle pratiche significa affermare questi e altri valori per una umanità liberà, uguale, giusta, pacifica e non violenta. Forse, ancora, un altro mondo è possibile.

Luciano Uras